MATTEO SALVATORE

Matteo nasce il 16 Giugno 1925 ad Apricena e muore a Foggia il  27 Agosto 2005

Oggi riposa nel cimitero di Apricena 

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L’infanzia, la povertà e l’arte

Apricena nel ventennio fascista, è il sole alto della controra, case bianche e sciami di mosche. Tante. Tra i poveri, i Salvatore (soprannominati i Zicozico) sono tremendi. Il padre facchino quando può, la mamma chiede l’elemosina nei vicini paesi. Matteo insieme a fratelli e compagni di strada vive e gioca scalzo nella piazza. Non ci sono orari da rispettare per il pranzo e la cena, perché non c’è niente da mangiare. Qualche verdura rubata nei campi e poi bollita, la carne e i maccheroni sono un sogno a occhi aperti (una sorella morirà per denutrizione).

Poi il padre va in galera. E nel carcere di Lucera viene messo in cella con Giuseppe Di Vittorio. I due insieme compongono Evviva la Repubblica, una marcetta che verrà incisa da Matteo Salvatore nel disco Il lamento dei mendicanti.

Quasi per noia, i pomeriggi, Matteo va da un vecchio cieco suonatore di violino per imparare a suonare la chitarra. Servirà ad arrotondare qualche soldo, portando con Vincenzo Pizzicoli, il vecchio cieco, le serenate alle finestre. Fa il garzone in bottega e anche il banditore comunale. Suonerà il corno per annunciare che la carne della macelleria di Pasquale Camicialonga è buona e di diverse qualità per tutte le tasche, tranne che per i poveretti a cui rimane la pelle, la testa e le ossa tutte insieme (bando della carne).

L’arrivo nella Capitale, il suo talent scout Claudio Villa

Quando arriva l’età per l’emigrazione la meta è Roma. Da questo momento in poi nulla più ispirerà le composizioni del futuro cantore. Ogni ballata è un ricordo tra il 1925 e i primi anni 50. Poi la cassetta dei ricordi viene sigillata. Lu Pugliese a Roma è l’unica ballata fuori dai ricordi e dalla vita di Apricena. Persino le ultime composizioni, scritte anni fa e incise per Stampa Alternativa come Lu pensionato, Arrucunete, Sempre poveri, sono quella Apricena nella memoria del vecchio cantastorie. Dove ritorna, ma con i due figli Lazzaro e Enza e la moglie Ida. La casa è uno stanzone nella villa comunale, messo a disposizione dalla amministrazione per la grave indigenza familiare. La irrequietezza lo porta a vivere in Liguria e poi a Milano, per stabilirsi poi definitivamente nella Capitale. A Roma ci arriva con il traino-stop impiegando venti giorni. Li nelle cave di valle Aurelia trova lavoro e casa in una baracca. Una donna del suo paese lo convince a cantare nelle trattorie romane, gli compra una chitarra, dei nuovi pantaloni e gli augura buona fortuna. E arriva la fortuna: naturalmente arriva di sera. In una di queste trattorie incontra Claudio Villa. Canta al suo tavolo le canzoni di Roberto Murolo ma il reuccio si accorge che Matteo non è napoletano. Lo convince a cantare in pugliese, negli stessi anni in cui Domenico Modugno canta in siciliano. Scatta la sua creatività. Decide di comporre testi e musiche, ballate che nascono dal ricordo. Mi minore, Si settimo, La minore sono le note delle canzoni più struggenti. Il Do maggiore, il Si per le ballate allegre. La maggiore, Mi maggiore e Re maggiore per comporre una tra le ballate più significative del suo repertorio: Padrone mio ti voglio arricchire. 

Le tournée all’estero, i soldi e la fama

Matteo incide per Claudio Villa e la Vis Radio i primi 78 giri. Le canzoni sono allegre e a doppio senso. E’ la prima volta che si sente cantare in dialetto pugliese alla radio.matteounoN Ad Apricena intanto arriva la notizia che Matteo Zicozico sta diventando famoso. Nei bar del paese risuonano le sue ballate, come in quel struggente 29 agosto 2005, giorno del suo ritorno al paese, dentro la bara. La Discoteca di Stato incide il cantore, le canzoni sono Le serve rivali e Il carrettiere. Partecipa a film come Uomini e lupi. Iniziano i primi concerti sporadici, sono soprattutto feste dell’Unità nelle province di Foggia e Bari. Va in America tre volte per suonare dinanzi alle comunità di emigranti: negli spettacoli fa il primo tempo, il secondo è per Claudio Villa e Domenico Modugno e Patty Pravo. In quegli anni freme per sistemare la sua famiglia. Nascono i figli Franco e Margherita. La moglie Ida lo aiuta nelle composizioni, sa scrivere, ed è per lui una valida collaboratrice che mette ordine a musiche e parole. Dopo l’esperienza con la Vis radio continua a sfornare e incidere ballate per varie etichette discografiche come la Combo Record, Criket, Tank Record, Universal, Vedette Records, Amico, Cetra, Cicala, Dischi del Sole, Quadrifoglio, Up international, Variety. Matteo ha una compagna, non più segreta. E’ la sua corista Adriana Doriani. Il successo, la famiglia e l’amore si intrecciano negli anni Sessanta. La sua famiglia decide di stabilirla a Milano, lui torna a Roma. Gli anni Sessanta sono gli anni più prolifici non solo per le tantissime incisioni. La Rai dedica interi programmi sia radiofonici che televisivi alla musica del sud Italia, di cui Matteo Salvatore è diventato un po’ il protagonista assoluto…

Le 4 stagioni del Gargano sono la consacrazione massima. Le foto all’interno sono di Ferruccio Castronuovo, aiuto regista di Federico Fellini, originario di Vico del Gargano. Edito da Rca e Sorrisi&Canzoni. Il nobile cofanetto che contiene i quattro 33 giri rimarrà per sempre il pezzo da collezione più ambito tra i suoi fan. Matteo adesso sperpera soldi. Ha voglia di abbondanza, di frigoriferi sempre pieni. Il riscatto adesso sono la carne e i maccheroni, mattina e sera.

Genio e sregolatezza, l’amore e le truffe fatte in casa

Vive l’amore passionale con Adriana. Ma i soldi, i tanti soldi non li ha fatti. «E mai li farai – gli dirà il fratello Umberto – se continui a farti imbrogliare dalle case discografiche». Fa i conti e tra diritti e royalty credeva di guadagnare di più. Escogita un piano: ritira i master delle incisioni e li vende a più discografici. Ognuno di loro ha un contratto di esclusiva con lui firmato. A Matteo non importa niente, anche se lo denunciano. Subirà anche atti di pignoramento.

Iniziano gli anni della contestazione. Ivan Della Mea, Paolo Pietrangeli, Giovanna Marini sono i protagonisti del canto politico. Anche Matteo Salvatore, nonostante non abbia mai usato nei testi la falce ed il martello, parole come lotta, cortei, viene identificato in quel filone. Lui il cantante della rassegnazione, di canzoni senza soluzioni politiche sempre con i tre accordi, il falsetto e le semplici parole canta Lu sovrastante nel luogo e nel momento sbagliato, al Cantagiro. Lo fischiano, lo criticano per aver abbandonato la sua purezza naif. Matteo non si abbatte, quando finisce di svernare al Folk Studio di Roma torna a Foggia. Nel 1972, i Csc (centro di servizi culturali) finanziati dalla Cassa del Mezzogiorno, decidono di organizzare una serie di recital con Matteo Salvatore. Tra gli animatori un giovane, Gennaro Arbore, responsabile Csc divenuto poi fedele amico di Matteo. A Foggia, in quegli anni, il suo recapito è l’Hotel Sarti. Passato il beat, in Italia inizia l’era del progressive dei primi anni ’70. Nonostante le tante incisioni Matteo non è arrivato al centro della musica. Ma in Italia sta per accadere qualcosa, il folk revival, che servirà a portare la attenzione musicale verso il sud est Italiano, verso la terra nera, sino alle parole arcaiche di Matteo Salvatore, verso la Capitanata. Napoli aveva i suoi mandolini, i suoi cantori, fraseggi morbidi e parole gentili come mare, amore, cuore, barca.

L’onta del carcere

Era il settembre del 1973. Problemi giudiziari terranno il cantante lontano dalle scene, ospitato nel carcere di San Marino. Su Matteo pendeva una grave accusa: l’omicidio di Adriana Doriani. Anni dopo, grazie ad amici come Renzo Arbore, Mariangela Melato e tanti artisti della Rai, viene organizzata una colletta sostanziosa, che permetterà alla famiglia Salvatore di incaricare un ottimo penalista del forum di Roma a riaprire il caso. Dopo quattro anni, riacquistata la libertà, Matteo Salvatore con la moglie Ida raggiunge Foggia, e promuovono un incontro con gli amici di Matteo presso l’Hotel Cicolella.

Ma alla Rai Matteo non poteva metter piede dopo l’incidente di San Marino. Renzo Arbore gli consiglia di farsi vedere però giù ai bar della strada, salutare i dirigenti e non chiedere di lavorare. Il tempo o forse i tempi addolciranno i rigori di una Rai fortemente clericale. Gli anni ’80 sono anni difficili per la musica d’impegno. Molti cantautori abbandonano le ballate e curvano verso il commerciale, con band rock e concerti da stadio. E’ l’epoca delle pop star. Matteo Salvatore vive solo a Roma. Ai primi caldi si trasferisce sul Gargano, alloggiando in piccole pensioni. Non fa concerti pubblici, non c’è richiesta. Adesso sono lontani gli anni del folk revival.

MATTEO3La salute, il definitivo riconoscimento

Negli anni ’90, tra giugno e settembre, Matteo Salvatore viene ospitato in un’agriturismo di Vieste. In quegl’anni Angelo Cavallo (suo primo ed unico manager) e Matteo Salvatore stringono ulteriormente i loro rapporti di amicizia, frequentandosi intensamente sia d’inverno che d’estate. E’ una vera amicizia. Matteo si stabilisce prima a Mattinata e poi definitivamente a Foggia. Nel 1992 iniziano le riprese del film “Nelle carni del cantastorie” regia di Annie Alix.

Matteo era irrequieto ed imprevedibile. Le riprese, iniziate a giugno, si conclusero ad ottobre nella Capitale. In quegli anni esegue una serie di concerti a Piazzetta Petrone di Vieste. Anni comunque di sopravvivenza.. Qualche richiesta arrivava dalla Provincia di Bari. Nessun giornale parlava di lui. I dischi erano introvabili. Il suo perenne girovagare non consentiva di rintracciarlo facilmente per chi lo avesse voluto ad un recital.

Rendendosi conto di questa situazione, Angelo Cavallo decise, insieme a Matteo, di raccontare la storia della sua vita , nel 2002 con il libro edito da Stampa Alternativa, dal titolo “La luna aggira il mondo e voi dormite” ,con allegato un cd contenente 11 ballate inedite del cantastorie.

Durante la promozione in giro nelle librerie d’Italia, riscuote molto successo questo personaggio con una vita cosi travagliata ed affascinante, ed aumentano le richieste per i concerti.

Tanti i premi, aumentano di colpo le date, ma di sicuro raggiunse l’apice con Vinicio Capossela nella serata “Chi tiene polvere spara” eseguito il 9 luglio del 2004 al Parco della Pellerina di Torino. Dinanzi a 25.000 spettatori sul palco: Matteo Salvatore, Flaco Jemenez (Buena Vista Social Club), Roy Paci, Vinicio Capossela, Marc Ribot & Mistery Trio, Shane Mac Gowan & the Popes.

Con Vinicio duettò nel 2004 al concerto del 1° maggio di Genova con una diretta su RAI 2, ed in altre occasioni.,come “suoni in cava 2002” ad Apricena, ma non fu l’unico grande artista che lo volle al suo fianco , infatti una delle ultime tournée di Matteo fu Craj, spettacolo sulla musica pugliese proposto da Teresa De Sio.

Matteo Salvatore è ridotto a utilizzare la sedia a rotelle per via di un ictus. La sua volontà è di proseguire a fare concerti “sino alla fine come Modugno“, diceva.

Tanti ricoveri, un diabete che lo tormentava, la bronchite cronica, insufficienza respiratoria.

Fino alla fine, fino alla fine dei suoi giorni, nel suo pianterreno in via Capozzi a Foggia, era il 27 agosto 2005. 


 

“Un uomo assolutamente fuori dal comune, cantautore famoso ha vissuto una giovinezza di miseria e di analfabetismo, riscattandosi poi con la dolcezza della sua chitarra e la forza poetica delle sue parole, un riscatto accompagnato da mille straordinarie follie, poiché MATTEO SALVATORE è un uomo che sfugge a ogni regola e a ogni legge, Arguto e imprevedibile come ogni lazzarone, generale e sregolato, come un vero artista, ruffiano e incantatore come ogni uomo destinato al successo,

in questa autobiografia, ci racconta finalmente le sue tragicomiche avventure.

MATTEO SALVATORE nato nel 1925 ad APRICENA, paese di confine tra Gargano e tavoliere non ricorre esplicitamente ad alcuna tradizione: inventa un nuovo stile, staccandosi da qualunque passato e anticipando la generazione dei grandi cantautori italiani che riconoscono nel cantastorie pugliese il loro maestro.

Egli trova parole di struggente poesia e suona, anzi arpeggia, la chitarra divinamente, componendo stupende melodie, arte imparata da bambino da un mitico ultracentenario musicista cieco: un’arte, dunque, che gli arriva direttamente dall’ottocento.

Italo Calvino ha detto che le parole di Matteo Salvatore noi le dobbiamo ancora inventare. La poesia di Matteo non è solo moto dell’animo, ma pur nella non conoscenza delle regole, è anche sapiente e raffinata capacità di piegare la sua lingua alle necessità del verseggiare, con genio, passione ed ironia.”

Raffaele Vescera

Tratto dal libro Matteo Salvatore

LA LUNA AGGIRA IL MONDO E VOI DORMITE”

Autobiografia raccontata ad Angelo Cavallo 


Matteo Salvatore portò la propria terra “Apricena” nel suo cuore in tutto il mondo con le sue ballate, una delle frasi rimaste nei pensieri di tanti che lo hanno da sempre apprezzato per le sue ballate è :

“ I RE, I RICCHI E I POTENTI NON VI APPOGGIATE SUI CHIODI DI GESU’ CRISTO, AMATE E RISPETTATE CHI LAVORA PERCHE’ SENZA DEL POVERO VOI NON MANGIATE. VULIMMECE BENE FIGLIE DI DIO CRESCIME LU FIORE DE LA CARITA’ “.

Matteo Salvatore é patrimonio di tutti, ci lascia in eredità una ricchezza inestimabile da trasmettere ai nostri figli facendo ascoltare le sue ballate per non far morire mai il suo ricordo.

Donato Medugno

SI RINGRAZIA PER LA PUBBLICAZIONE A MEMORIA DI MATTEO SALVATORE :

I FIGLI Lazzaro, Enza, Franco e Margherita.

Per la biografia lo scrittore Raffaele Vescera

4 thoughts on “Matteo SALVATORE 1925 – 2005

  1. Matteo, ha segnato un epoca meravigliosa, le sue scelte, i suoi ideali sono sempre stati per il popolo e con il popolo. Le sofferenze della sua vita, si avvertono in tutte le sue ballate, Matteo era un artista stravagante, era un libero pensatore, ma nella vita se vuoi sfondare, ti devi allineare ai canoni stabiliti da altri, invece, Matteo per alterne vicende, ha fatto delle scelte sbagliate che lo hanno portato alla miseria, meno male, che nella vita non ci sono solo gli Renzo Arbore, ma tanti altri amici, che apprezzando il talento di Matteo, lo hanno aiutato seriamente. Meno male, che malgrado le sue contraddizioni e le sue sterzate nella vita, la famiglia, la vera famiglia gli sia rimasta accanto, alleviando le sofferenze, da lui stesso provocate. Matteo rimane un grande artista con intuiti e vene canori non comuni, malgrado la sua scarsa cultura e l’intermittenza della sua non coerente carriera, tutto, rimane nel cuore e nella mente di moltissimi strati sociali. Nazario Vocale.

  2. L’ho conosciuto sul finire degli anni Ottanta e non l’ho mai dimenticato, anche per la particolarità dell’incontro. All’improvviso mi sentii chiamare e rivolgere la seguente domanda: “Miché, mi fai avere un panino?”. Mi girai, sorpreso nel vedere un vecchietto sconosciuto che mi rivolgeva un sorriso bonario con un’umanità sconvolgente e che dichiarava di essere il famoso Matteo Salvatore. Allora ero troppo giovane per capire e apprezzare l’importanza di quell’incontro. Dopo, ho pensato spesso a Matteo, rimproverandomi più volte di non avergli dato il giusto peso e la giusta attenzione, anche perché mangiando il panino mi guardava riconoscente come se gli avessi offerto il mondo intero. Il 5 settembre andrò a presentare il mio libro “Contadini e braccianti nel Gargano dei briganti” a Poggio Imperiale e il mio pensiero andrà inevitabilmente a Matteo Salvatore, che dei braccianti e dei contadini del Gargano e del Tavoliere, ultimo tra gli ultimi, è stato il miglior e più degno cantore.

  3. Grazie per quanto fate in memoria di Matteo. Un grande artista è affidato all’eternità, come la pietra bianca che voi trattate, dura e poetica insieme, al pari della musica di Matteo. La pietra di Apricena è di per sé un grande monumento al cantore del Tavoliere. Che gli sia lieve, per sempre.

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